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Le tentazioni della cultura di massa




Una delle scene più divertenti del cinema italiano è stata certamente scritta e girata da Nanni Moretti in Caro Diario (1993): Gerardo, l'uomo che per anni si priva della televisione per ragioni ideologiche e di presunta superiorità intellettuale, il giorno che, per puro errore, si trova di fronte alla TV, ne rimane stregato al punto che non riesce più a smettere di guardarla; e per di più la guarda in modo del tutto acritico, passivo, infantile.
Ugualmente esemplare, anche se di minor valore cinematografico, è una scena di Chocolat (Lasse Hallström, 2000): il Conte De Reynaud, moralizzatore incallito che si rifiuta di assaporare i prodotti di una cioccolateria, per errore avvicina una minuta scaglia di cioccolato alla bocca e inizia così un'abbuffata disperata e orgiastica che culmina con lo svenimento.
Le tentazioni della cultura di massa e quelle della gola hanno qualche cosa in comune: rispetto ad esse si deve agire - salvo divieti del medico - come insegnava Wilde, quando sosteneva che "l'unico modo per resistere alle tentazioni è cedervi".
Il cioccolato è fatto apposta per piacere, esattamente come certi programmi in tv sono fatti apposta per commuovere o fare ridere a crepapelle. E non si può sfuggire all'effetto. "Non si può mangiare un confetto pretendendo di sentire - solo perché si ha una vasta cultura e un forte controlo delle proprie sensazioni - sapore di sale. La chimica non sbaglia mai. Siccome esiste anche una chimica delle emozioni... se un intreccio è ben congegnato suscita le emozioni che si era prefisso quale effetto. Potremo poi criticarci per averle provate, o criticarle come emozioni repellenti, o criticare le intenzioni con cui è stata congegnata la macchina che le ha provocate. Ma questa è un'altra storia" (Le lacrime del corsaro nero, in Il superuomo di massa, Cooperativa scrittori, 1976, p. 13).
Cedere, dunque. Come Umberto Eco cede, e volentieri, al fascino della cultura popolare e dell'impatto emotivo che essa, inevitabilmente, ha sulle persone. C'è modo e modo, però, di cedere: "se il Corsaro Nero piange, guai all'infame che sorride. Ma guai allo stolido che si limiti a piangere. Bisogna smontare il congegno", Ivi, p. 24).
Bisogna smontare il congegno. Credo che tutti gli inviti alla didattica, linguistica e non, a partire dai testi realmente fruiti, e a partire dallo spazio extrascolastico, possano essere riassunti in questo imperativo: smontare il congegno.
Nessuno stupore, dunque, se la didattica mischia volentieri il Corsaro Nero di Salgari e le linee teoriche della narratologia più raffinata, i comici televisivi e le logiche della scoperta scientifica. Un aspetto è "volano" dell'altro. Basta sapere smontare il congegno, imparando a riconoscere i meccanismi creativi e le dinamiche emotive, senza demonizzazioni. Così da evitare ogni tipo di acritica (e malsana) abbuffata!

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